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FCA & PSA: la nuova Stellantis polare del futuro automobilistico

FCA & PSA: la nuova Stella(ntis) polare del futuro automobilistico

“Siamo fortemente convinti che questa fusione incarni il coraggio e lo spirito visionario che hanno portato alla nascita dell’industria automobilistica oltre un secolo fa. Per noi è un onore e un privilegio far parte di questo progetto straordinario, grazie al quale ci accingiamo ad unire alcuni tra i più importanti marchi della storia dell’automobile sotto il nome di Stellantis che avrà un ruolo decisivo nel definire il futuro del nostro settore”.

– John Elkann e Mike Manley, in una lettera ai dipendenti del gruppo

E’ ufficiale: Fiat Chrysler Automobiles (FCA), che capitalizza più di 16 miliardi e Peugeot S.A. (PSA), che vale attualmente quasi 14 miliardi, hanno raggiunto l’accordo per la fusione paritetica con l’obiettivo di portarla a termine entro il primo trimestre del 2021.

Nasce così Stellantis, che in latino significa “essere illuminato di stelle”, il quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di volumi, con vendite annuali previste di 8,7 milioni di veicoli – alle spalle del Gruppo Volkswagen (10,8 milioni), di Toyota (10,4 milioni), del gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi (10,16 milioni) e appena sopra la General Motors (8,6 milioni).

Diventa il terzo per fatturato, con ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro, con un utile operativo corrente di oltre 11 miliardi di euro e un margine operativo del 6,6%, oltre ad una dote di più di 400 mila dipendenti.

Il nome, Stellantis, è stato scelto con un duplice obiettivo: rendere omaggio alla lunga storia delle due società fondatrici, con l’origine latina, e sottolineare lo spirito di ottimismo e rinnovamento alla base di questa unione, attraverso il richiamo all’astronomia.

Trae ispirazione da questo nuovo e ambizioso allineamento di marchi automobilistici leggendari e forti culture aziendali che, unendosi, sono in procinto di creare uno dei nuovi leader della prossima era della mobilità.

Preserva allo stesso tempo, i valori delle proprie individualità, con lo scopo di fornire le risposte in tema di mobilità sostenibile dei prossimi decenni.

Si realizza così il sogno di Sergio Marchionne, storico Amministratore Delegato di FCA e primo a porre nel 2014 la necessità di ricercare un potenziale grande accordo capace di consolidare la posizione della società nel settore.

Infatti grazie a John Elkann che ha, al contempo, fatto fede alla parola d’ordine della famiglia Agnelli, punta a diluire la partecipazione, ma senza diminuire l’impegno nel settore dell’automotive e mantenendo una posizione di forza nel nuovo gruppo.

Di fatti la Exor, holding della famiglia Agnelli, che deteneva il 28,55% della FCA, avrà il 14% della nuova società, mentre i 3 azionisti di PSA, la famiglia Peugeot, lo Stato Francese (Bpifrance) e il socio cinese, la grande azienda produttrice di automobili con sede a Wuhan, Dongfrend, caratterizzati, precedentemente, da una quota paritaria del 12%, possederanno rispettivamente, l’8,5%, il 3,5% e il 4,5%.

Da tale quadro emerge la prospettiva di come un accordo tra Exor e la famiglia Peugeot blinderebbe il 22,5% del nuovo colosso dell’automotive; un peso che, se la quota fosse mantenuta per 3 anni, sarebbe quasi il doppio in termini di diritti di voto.

Diversi sono stati infatti i tentativi negli ultimi 6 anni da parte dell’allora Fiat di trovare un partner adeguato al compimento della missione indicata da Marchionne: dal sogno di fusione con la General Motors, passando per il “tormentone” Volkswagen e finendo proprio al Groupe PSA.

Si trata di un matrimonio ufficializzato in un momento nero per il settore, falcidiato dalla crisi causata dal Covid-19 che ha generato un crollo del mercato e rischia di far chiudere almeno uno su cinque degli attuali concessionari d’auto, nel quale brilla una nuova Stella(ntis).

E’ importante evidenziare, di fatti, come questa fusione avvenga proprio nell’anno caratterizzato dall’emergenza sanitaria che, con annessi lockdown, ha visto l’intero settore perdere nel primo quadrimestre il 36,9% della produzione rispetto al 2019.

Dati alla mano, da inizio anno le auto vendute sono 809.655, con un calo del 38,9% e, in particolare, ad aprile quelle prodotte in Italia sono state solo 400 a fronte delle 49 mila dell’anno precedente, mentre le immatricolazioni del mercato italiano nel mese di agosto sono state 88.801, evidenziando un calo dello 0,43% rispetto allo stesso mese del 2019 (dati Ministero dei Trasporti).

In generale, il gruppo FCA ha venduto ad agosto in Italia 20.286 auto (-2,65%), con una quota di mercato pari al 22,84% (-0,52%), mentre negli 8 mesi il gruppo ha immatricolato 190.075 vetture, registrando un calo del 40,9%.

L’Acea, l’Associazione delle aziende della filiera automotive in Europa, ha quantificato l’impatto che hanno avuto nell’intera area lockdown e misure di contenimento della diffusione della pandemia: sono stati 2,5 milioni gli autoveicoli prodotti in meno rispetto al medesimo periodo del precedente anno, con l’Italia caratterizzata da un gap di 158mila unità e gli altri paesi produttori a salire (263mila nel Regno Unito, 278mila in Francia, oltre 450mila in Spagna e 617mila in Germania).

Una frenata drammatica, i cui effetti maggioritari si sono visti sui volumi dei componentisti italiani, come conseguenza del fatto che proprio Germania, Spagna, Francia e Regno Unito, nel corso del 2019, sono stati i primi quattro paesi destinatari delle esportazioni di prodotti dell’automotive Made in Italy, mercati che assorbono la metà dell’export in valore.

Si è preventivato che la nuova società che sorgerà dalla fusione, che avrà sede legale in Olanda e che sarà quotata su Euronext (Parigi), Borsa Italiana (Milano) e al New York Stock Exchange, sarà capace di generare sinergie superiori ai 5 miliardi euro, senza comportare la chiusura di stabilimenti e senza ricorrere a tagli del personale.

Notizia recente è l’ufficializzazione del board, che sarà  formato da 11 consiglieri, per la maggioranza amministratori non esecutivi che saranno indipendenti, tra i quali spicca la presenza di due rappresentanti dei lavoratori, notizia accolta positivamente dai leader dei sindacati, di cui 5 nominati da FCA e dal proprio azionista Exor, tra cui

Il futuro presidente che sarà proprio John Elkann e Andrea Agnelli, l’attuale presidente della Juventus F.C.; i restanti sono stati invece nominati dal Groupe PSA e dai sue due azionisti di riferimento, Epf/Ffp e BPIfrance, che hanno scelto Robert Peugeot  per ricoprire la carica di vicepresidente e l’attuale numero uno di PSA, Carlos Tavares, come Amministratore Delegato.

FCA e PSA prevedono che i risparmi associati alla fusione possano essere distinti in 3 macroaree:

  • La prima, relativa ai risparmi legati alle tecnologie, ai prodotti e alle piattaforme, rappresenterà il 40% circa dei 5 miliardi di euro di sinergie annuali a regime;
  • La seconda, relativa ai risparmi sugli acquisti – che beneficeranno principalmente delle economie di scala e degli allineamenti al miglior prezzo – rappresenterà un ulteriore 40% di tali sinergie;
  • La terza, ossia il restante 20%, sarà rappresentato dai risparmi di aree come marketing e spese generali e amministrative, oltre alla logistica.

Un aspetto che va sottolineato però è quello relativo al fatto che le sinergie stimate genereranno un flusso di cassa netto positivo già dal primo anno e che, l’80% circa delle stesse, sarà raggiunto entro il quarto anno.

La fusione è stata portata avanti, in questi tempi avversi, come risposta alla crisi in atto, seguendo una politica di riduzione dei costi e di adattamento ad una carenza della domanda sempre più forte ed evidente.

In aggiunta, un altro elemento trainante è la profonda convinzione che accomuna entrambi i gruppi riguardo il potenziale valore che questa fusione permetterà di creare.

La società nascente, di fatti, si caratterizzerà per la possibilità di usufruire sia di un business diversificato e ad alto margine nei mercati “core” dell’Europa, del Nord America e dell’America Latina, sia di un portafoglio unico, composto da solidi marchi iconici.

Inoltre, date sia le dimensioni del nuovo gruppo che la programmazione e gli intenti dei singoli aggregati, si avrà modo di osservare un’accelerazione allo sviluppo di soluzioni di mobilità altamente innovative, attraverso l’implementazione delle tecnologie nei veicoli ad alimentazione elettrica, a guida autonoma e nella connettività.

Appare evidente come Stellantis genererà grandi vantaggi, minori rispetto a quelli che si sarebbero potuti creare dall’integrazione con colossi come Renault o Hyundai, ma sicuramente interessanti se analizzati in termini di ampiezza dell’offerta, numero di brand schierati e copertura geografica.

A tal riguardo, bisogna in primis sottolineare che tutti i brand del gruppo resteranno in vita e quelli che più ne avranno bisogno, saranno aggiornati alla mobilità sostenibile.

In particolare PSA può contare su marchi caratterizzata da una forte rilevanza soprattutto sul mercato europeo, quali Peugeot, Citroën, Ds e Opel.

FCA invece, dispone di brand di area sport premium come Maserati e Alfa Romeo, marchi regionali come Fiat e un nome di grande peso mondiale come Jeep, protagonista di una crescita esponenziale trainata dal “boom” dei suv.

In ambito di copertura geografica, come dichiarato anche dal suo Ceo Carlos Tavares, PSA puntava già da anni a compiere l’impresa di portare Peugeot in quello che ormai è il secondo mercato automobilistico del mondo dopo la Cina, dove invece è già radicata, ma ancora il primo come vetrina motoristica a livello mondiale: il Nord America, dove il gruppo è inesistente.

La fusione permetterà di esaudire tale desiderio, grazie alla forte presenza che caratterizza il gruppo FCA sul mercato a stelle e strisce, dove è ormai una superpotenza grazie a Jeep e Ram, lo specialista dei pick-up; PSA potrà quindi avvalersi della rete di vendita a livello locale dei venditori di Chrysler o degli altri brand del gruppo Usa, ricorrendo, in particolar modo, all’utilizzo del canale delle vendite online.

Al contempo il gruppo FCA, integrandosi con il gruppo transalpino (che ha salvato Opel dal fallimento) porrebbe fine al suo principale problema: l’assenza di piattaforme modulari, capaci di permettere la costruzione di modelli diversi sia per taglia che per tipologia, e predisposte per l’elettrificazione (auto elettriche ed ibride).

Infatti PSA dispone di modernissime piattaforme Hybrid-ready come la CMP per le vetture compatte, e come la eCmp, variante della precedente, per le versioni full electric.

Inoltre nella banca organi e piattaforme del gruppo francese sono presenti architetture come la Emp2 per auto medio/grandi e Suv di ogni taglia che tecnologicamente rivaleggiano con la madre di tutte le piattaforme modulari, la Mqb di Volkswagen.

Il plus è attribubile alle piattaforme eElectric-ready come la EVMP, capaci sia di offrire in meno di un’ora l’80% di ricarica per le batterie di bordo, da 50 o 75 kWh per un’autonomia pari a 230 km oppure da 330 km, che di garantire una buona abitabilità per i vari modelli del Gruppo.

Una volta superato anche il rischio di sovrapposizione dei modelli, grazie alle piattaforme modulari che permettono la costruzione di auto diverse in massima sinergia industriale, l’attenzione convergerà sul posizionamento e sul marketing.

A tal proposito, la vera sfida per Stellantis, infatti, sarà caratterizzare in modo ancor più enfatizzato ogni marchio a disposizione delle due compagini, per dargli uno scopo e una funzione precisa e per distinguerli maggiormente gli uni dagli altri.

In particolare, passandone in rassegna e nel dettaglio, si prospetta un ruolo da protagonista per Peugeot (insieme a FIAT), godendo già di un ottimo posizionamento sul mercato europeo, come marchio di punta, con la sfida di inserirsi in modo strategico sul mercato americano, attraverso l’utilizzo di alcuni piccoli centri di vendita che punteranno sia sulla vendita online che sulla vendita fisica.

Chrysler invece adotterà lo stesso stile di vendita semplificato che sarà utilizzato per Peugeot, continuando sulla via intrapresa fino a questo momento, e concentrandosi sul mercato d’origine.

Risulta da valutare il riposizionamento di marchi storici come DS Alfa Romeo, con la prima orientata all’elettrificazione, diventando ben presto il marchio premium ma 100% elettrico del Gruppo, e la seconda che punterà a perpetuare la via della sportività con l’aggiunta di alcuni modelli nel prossimo futuro.

FIAT si concentrerà, in modo ancora maggiore, sul mercato italiano, puntando sulla 500 elettrica e su nuovi modelli in arrivo, mentre Opel punterà maggiormente sul mercato est europeo con la presenza di Vauxhall sul mercato britannico.

Citroën ha preso una strada molto interessante: è un marchio giovanile, diverso sul palcoscenico automobilistico, creativo e originale.

E’ invece da valutare attentamente Lancia, vista la momentanea ipotesi di limitarsi al solo mercato italiano, continuando a vendere solamente la Ypsilon che, dati alla mano, con il solo modello presente ottiene volumi di vendita maggiori di tutta l’Alfa Romeo messa insieme.

Jeep è invece considerata la classica “gallina dalle uova doro” per il Gruppo, potendo vantare modelli unici e imitati sul mercato automotive mondiale, le cui vendite sono costanti e positive e, per il quale, si prospetta una continuità sulla strada “tradizionale” dei SUV e dei fuoristrada, in parallelo alla forte elettrificazione, già in atto, della gamma e di quella attesa per le versioni ibride di Wagoneer e Wrangler.

Infine, Maserati proseguirà sulla via della “sportività” come farà la stessa Alfa Romeo, ma godendo di maggior possibilità nel segmento delle premium per competere con Mercedes, BMW e Porsche, solo per citarne alcune.

 

Spostando il focus sulle questioni che ancora possono rappresentare un ostacolo alla fusione dei due colossi del settore dell’automotive, va segnalato come le stesse siano riuscite a risolvere il problema legato al maxi dividendo che FCA si era impegnata a riconoscere ai propri investitori.

Infatti nell’accordo annunciato il 18 settembre 2019, era previsto che ai soci di FCA, prima della fusione, fosse distribuito un dividendo straordinario di 5,5 miliardi di euro, mentre ai soci di PSA spettavano le azioni della controllata Faurecia.

Si tratta di un produttore di equipaggiamenti per auto che il gruppo francese controlla con una quota del 46%, e quotato indipendentemente su Euronext.

Il nuovo accordo stipulato invece, che si caratterizza per un evidente tentativo di venirsi incontro da parte delle due compagini allo scopo di compiere l’ambita fusione, prevede che il dividendo “cash” per gli azionisti di FCA scenda da 5,5 a 2,9 miliardi di euro e che il 46% di Faurecia venga distribuito in egual misura (23%”pro quota”) tra gli azionisti di FCA e quelli di PSA, immediatamente dopo l’approvazione della fusione da parte delle assemblee.

Per dare un’idea dei valori in gioco, considerando che sul listino francese Faurecia ha una capitalizzazione di 5,8 miliardi di euro, ai prezzi correnti tale operazione permetterebbe ai soci dei due gruppi di prendere possesso di una quota di azioni pare a 1,3 miliardi di euro, per ognuna delle due società.

Non solo, i termini della revisione prevedono un’ulteriore “postilla”: se le condizioni economiche e finanziarie lo renderanno possibile, FCA e PSA considereranno l’ipotesi di distribuire ai propri soci un ulteriore dividendo straordinario per un ammontare di 1 miliardo di euro, se la decisione avverrà a fusione conseguita e con i due gruppi confluiti, indistintamente, nell’azionariato di Stellantis, o di 500 milioni ad aggregato, nel caso in qui la fusione non sia stata ancora portata a compimento.

Archiviato tale aspetto, l’ultimo ostacolo, in ordine cronologico, presentatosi alla corte del gruppo francese e di quello italo-americano è inerente il giudizio della Commissione Antitrust europea.

Di fatti, mentre la seduta del 28/09 è risultata benevola per il settore auto, che ha beneficiato del rimbalzo generale dei mercati azionari europei, e in particolare per FCA e PSA, che sui rispettivi mercati hanno guadagnato, rispettivamente, il 3,56% a 10,594 euro, con un massimo intraday a quota 10,674 euro, e il 3,55% a 15,74 euro, a mercati chiusi, la Commissione Antitrust europea rendeva noto che le due società avevano posto alla visione della stessa degli impegni per ottenere il via libera alla fusione.

Nel dettaglio si tratta di rimedi, con riferimento al segmento dei veicoli commerciali leggeri, tra i quali spicca sia la disponibilità delle due società a concedere l’utilizzo delle proprie reti post-vendita ai propri concorrenti, che l’impegno del gruppo PSA ad aumentare la quota di veicoli a marchio Toyota attualmente prodotti dalla joint venture già esistente fra le due case automobilistiche, pur di superare i dubbi europei sull’operazione.

Questo perchè la Commissione europea, massimo organo esecutivo dell’Unione Europea, aveva precedente espresso timori sulla possibilità che l’accordo potesse in qualche modo danneggiare la concorrenza nel mercato dei piccoli furgoni in 14 Stati membri della Ue e in Gran Bretagna, siccome PSA e FCA controllano congiuntamente circa un terzo del mercato europeo dei veicoli commerciali leggeri, con punte tra il 40% e 50% in Paesi come Italia e Francia.

La decisione sulla questione è stata rinviata al il 2 febbraio 2021, data entro la quale la Commissione Europea renderà pubblico il proprio benestare alla fusione, e che rappresenta, di fatto, l’unico vero ostacolo verso la realizzazione della stessa.

Su questo punto si conferma che FCA e la SEC (Securities and Exchange Commissions) hanno trovato un accordo per il patteggiamento, sulla base del pagamento di una multa di 9,5 milioni di dollari, per archiviare l’inchiesta svolta dall’ente americano riguardo i test sulle emissioni effettuati dal gruppo italo-americano.

La faccenda risale al 2016, quando la FCA comunicò al mercato di aver effettuato un audit interno, che dimostrava il rispetto dei limiti di emissione dei veicoli prodotti.

La SEC, però, aprì successivamente un’indagine nei confronti del gruppo, accusandolo di mancata chiarezza riguardo la portata limitata dello stesso, e di mancata trasparenza.

In relazione al fatto che tale indagine non costituisse un esame approfondito sull’impatto delle emissioni e sul rispetto delle norme americane su queste ultime, sottolinea come questo operato fosse, oltre che fuorviante per gli investitori, in completo disaccordo con i pareri degli esperti dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente.

Gli esperti infatti avevano manifestato la propria preoccupazione per il livello di emissioni di alcuni veicoli diesel prodotti dal gruppo.

Siamo ad un passo dal traguardo: una volta che la Commissione si sarà espressa, positivamente come sperano i due colossi, archiviando quindi i timori di Bruxelles, ci sarà solo da rafforzare un settore dove italiani e francesi lavorano, da mezzo secolo, in perfetta armonia.

Dato che il settore dei veicoli viene considerato una perfetta base economica per costruire un solido futuro, per alcuni termini, la sfida è stata già vinta.

Appuntamento quindi al 2 febbraio 2021 per l’ultimo atto di un matrimonio, destinato a cambiare il futuro di un settore e pronto a dare alla luce una Stella(ntis) dal futuro radioso.

 

                                                                                                  A cura di Daniele Della Vecchia

 

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